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Nascere in casa è bello, sicuro e possibile. Ma in Lombardia manca il sostegno della Regione


A gennaio ho partorito in casa il mio secondo figlio, con l’aiuto del papà, del fratello e delle due ostetriche che mi hanno seguito in gravidanza. È stata un'esperienza meravigliosa.


Come ostetrica libera professionista, anch’io mi occupo di assistenza al travaglio e parto a domicilio, e faccio parte dell'Associazione Nazionale Ostetriche Nascere a Casa. Conosco bene questa modalità e spesso ho proposto la scelta dell’assistenza domiciliare alle donne che ho seguito. Purtroppo però in Italia non per tutte le donne è facile accedere a questa possibilità.


Il parto è un'esperienza importante, personale e unica, che ogni donna ha il diritto di vivere come meglio desidera. La libertà di scegliere dove partorire con la miglior assistenza è un diritto umano sancito dall’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) nell’ambito della libertà di scelta sulla propria salute.




L’OMS/WHO in relazione al luogo della nascita dichiara che: “Ogni donna dovrebbe partorire nel luogo che sente più sicuro in cui sia possibile fornire assistenza appropriata e sicurezza; per una donna che ha avuto un percorso fisiologico i luoghi possono essere la casa, un centro nascita gestito da ostetriche, un piccolo o un grande ospedale”. (OMS FRH/MSM/ 96.24) i


Il parto in casa non è ancora sostenuto da Regione Lombardia: non esiste infatti la reale possibilità di scegliere un luogo del parto diverso dall'ospedale, in quanto non è previsto il relativo rimborso economico in caso di scelta di parto extra ospedaliero, ovvero nascite che avvengono nei domicili privati o nelle case-maternità assistiti da ostetriche libere professioniste specializzate nell’assistenza domiciliare.


Se un'opzione ha un costo alto e l'altra è coperta dalla sanità pubblica, la prima rimane un privilegio, non un diritto. Offrire la stessa libertà di scelta a tutte le donne è una questione di equità. La scelta è davvero libera e consapevole solo se è informata e a parità di condizioni.


Non si tratta “solo” di scegliere un luogo del parto non ospedaliero, ma di scegliere un percorso articolato che è garanzia di continuità assistenziale e che si è visto essere il miglior modello evidence-based per la riduzione della mortalità e morbilità materno-infantile e per la promozione della salute con i migliori esiti fisici e psicologici.


Faccio parte del comitato "Freedom4birth - Lombardia", creato e coordinato da Stefania e Silvia, due mamme che hanno vissuto l’esperienza del parto in casa, e formato da genitori, donne e professionisti della nascita allo scopo di richiedere a Regione Lombardia l'istituzione del rimborso per il parto in casa come già avviene in alcune regioni e città italiane (assistenza pubblica totalmente gratuita a Torino e Reggio Emilia; rimborso parziale in Piemonte, Emilia Romagna, Marche, Lazio e le città autonome di Bolzano e Trento). Stiamo avanzando tale richiesta nella consapevolezza che ottenere il rimborso anche in Lombardia sarà un passo molto importante per tutte le donne verso un parto più libero e consapevole.


Chi fosse interessata a partecipare a Freedom 4Birth, può scrivere a:



Approfondimenti


i: Riguardo all’appropriatezza dell’assistenza sanitaria, l’OMS afferma inoltre che:

  • “La sfida di un’appropriata assistenza ostetrica in gravidanza è quella di identificare le donne che richiedono un’assistenza specialistica, permettendo così a quelle con gravidanza fisiologica di procedere con il minor livello di interferenze possibile” (RCOG 2015).

  • "L’obiettivo dell’assistenza ostetrica sia quello di raggiungere una madre e un neonato in buona salute con il minor livello di interventi possibile compatibile con la sicurezza [...] Deve esistere una valida ragione per interferire con il naturale processo degli eventi” (WHO 1996 - Care in Normal Birth: A Pratical Guide).

  • “La crescente medicalizzazione del percorso nascita interferisce con le competenze materne e con l’esperienza di gravidanza e di nascita comportando effetti sulle capacità genitoriale materne e paterne”. (WHO, 2018)

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